Alla messa in orbita dello Sputnik nel 1957 sono seguiti altri 6000 satelliti, che il tempo ha fatto talvolta rompere, collidendo anche tra loro e che restano lì a vagare, sulle nostre teste.
Passeggiando nello Spazio si può trovare davvero di tutto: come riportato dalla rivista americana “Wired”, sono stati raccolti, tra le altre cose, una cassetta degli attrezzi, una macchina fotografica, guanti, polveri, chiavi inglesi, ecc. Si calcolano oltre 130 milioni di detriti spaziali
Nel 1978 il consulente della Nasa Donald Kessler fece una chiara previsione “La quantità dei detriti spaziali aumenterà talmente tanto che la Terra sarà avviluppata da una coltre di detriti che non consentirà di svolgere ulteriori attività spaziali per molte generazioni future”: la reazione a catena provocata dalle collisioni tra detriti provocherebbe una crescita esponenziale degli stessi.
Questa dichiarazione, oltre a dare spunto a produzioni cinematografiche (per esempio “Wall-E” della Disney del 2008, in cui la Terra è circondata da rottami satellitari e lo stesso piccolo robot spazzino entra in collisione con lo Sputnik 1; o anche “Gravity” di Alfonso Cuarón del 2013, in cui le collisioni tra satelliti e missili sono catastrofiche), ha allertato gli esperti e le nazioni che si sono attivate con studi e progetti.
Tra questi si inserisce il network europeo Startdust-R, di cui fa parte la professoressa Alessandra Celletti, ordinaria di Fisica matematica all'Università di Roma “Tor Vergata”.
Già nel 2013 la professoressa iniziò un progetto con “Tor Vergata” sullo studio della dinamica di satelliti e detriti spaziali e dal 2019 ne ha avviato un altro per la formazione di giovani specializzati sullo studio delle traiettorie dei detriti, sugli effetti che hanno su di esse il Sole e la Luna, sul calcolo delle orbite degli oggetti (regolari o caotiche), sulle strategie per l’eliminazione della spazzatura spaziale e l’identificazione di “orbite cimitero”, non pericolose per i satelliti operativi. Soluzioni e regole, secondo Celletti, sono urgenti e necessarie. Anche perché le collisioni sono già accadute: si può ricordare l’episodio del 2009, tra due satelliti, Iridium, americano e allora in funzione e Kosmos-2251 russo, lanciato in orbita nel 1993 e disattivato due anni dopo; e ancora nel 2016, quando un detrito colpì la Cupola della stazione spaziale della ISS provocando una scheggiatura di 7 millimetri. Va da sé quanto sia importante poter prevedere le traiettorie dei detriti e, soprattutto, trovare una soluzione definitiva per questa importante problematica.
Anche per il progetto TORVEastro (collaborazione tra Enea e Università di Roma “Tor Vergata”, che parte un brevetto del prof. Marco Ceccarelli del Laboratorio di Robotica e meccatronica del Dipartimento di Ingegneria industriale a "Tor Vergata") tra le variabili dell’ambiente spaziale considerate ci sono ovviamente anche i detriti. Come spiega il ricercatore Marco Paoloni, referente del progetto per ENEA, il robot è pensato per sostituire gli astronauti, che altrimenti sarebbero esposti a rischi molto elevati: questi detriti, lanciati ad altissima velocità, possono perforare le tute e danneggiare l’attrezzatura.
Per scongiurare questo tipo di pericoli, la professoressa Celletti, insieme al professore Giuseppe Pucacco dell’Università di Roma “Tor Vergata” e il dottorando Tudor Vartolomei, ha elaborato un metodo matematico per associare gruppi di detriti spaziali ai satelliti che li hanno generati, intitolato “Reconnecting groups of space debris to their parent body through proper elements” pubblicato su Nature Scientific Reports (2021). L’obiettivo è di risalire alla provenienza dei detriti, cioè al satellite che li ha prodotti dopo un evento catastrofico; a questo scopo è necessario determinare la traiettoria di ciascun frammento, attraverso calcoli matematici basati sulla meccanica celeste e sulla teoria delle perturbazioni.
Quali sono le teorie e le metodologie seguite da questi studi?
La professoressa li illustrò già il 20 febbraio 2019, in una conferenza al polo di Latina dei Lincei.
Alla base della moderna meccanica celeste c’è Johannes Kepler, contemporaneo di Galileo, che con le sue tre leggi fondamentali ha dettato il modello per l’analisi astronomica. Ma le traiettorie dei pianeti e degli oggetti orbitanti nello spazio non sono sempre regolari e lineari; i calcoli e gli studi devono basarsi anche sulla teoria delle perturbazioni, per cui un terzo oggetto può agire, anche in minima parte, sulle traiettorie e sul rapporto di due corpi (per esempio tra Sole e Terra agisce leggermente la perturbazione di Giove). Per poter effettuare un calcolo su un modello complesso, si può prendere l’ellisse tracciata e andare ad applicarci delle approssimazioni, giungendo a un sistema semplice di calcolo; il metodo della teoria delle perturbazioni ha dato già nel pasato risultati notevoli, come per esempio la scoperta del pianeta Nettuno a opera di Jean Urbain Leverrier. Da tenere in considerazione anche la teoria del caos di Henri Poncarè, secondo la quale per alcune condizioni iniziali gli oggetti si possono muovere con traiettorie divergenti: una piccola deviazione dalla traiettoria iniziale può portare a importanti cambiamenti, in maniera, impredicibile. «Il battito delle ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado nel Texas» sentenziava nel 1972 il matematico e meteorologo Edward Lorenz. La teoria del caos si può sfruttare instradandosi in un’orbita e viaggiare nello spazio con impulsi minimi, risparmiando energia.
E visto che un detrito lasciato nello spazio può provocare gravi danni e timori anche sulla Terra, meglio prendere provvedimenti quanto prima!
Rassegna stampa
https://www.essenziale.it/notizie/alessandra-celletti/2022/12/15/rifiuti-spaziali-detriti
https://www.esa.int/ESA_Multimedia/Images/2016/05/Impact_chip
Per approfondire
https://www.nature.com/articles/s41598-021-02010-x
https://www.esa.int/Space_Safety/Space_Debris/Recognising_sustainable_behaviour
Credits foto
Debris: ESA ESA/ID&Sense/ONiRiXEL , CC BY-SA 3.0 IGO
Cupola chip: ESA/NASA
Debris ring "Huge system of dusty material enveloping the young star HR 4796A" by Hubble Space Telescope / ESA is licensed under CC BY 2.0.