Studiare la “forma” del nostro cervello può fornirci sorprendenti indizi sulla nostra personalità e sul rischio di sviluppare disturbi mentali
In uno studio pubblicato sulla rivista scientifica 'Social Cognitive and Affective Neuroscience', un team internazionale di ricercatori provenienti da Italia, Regno Unito e Usa (Luca Passamonti - Università di Cambridge e Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche Ibfm-Cnr; Nicola Toschi- Università Tor Vergata di Roma; Roberta Riccelli- Università Magna Græcia di Catanzaro; Antonio Terracciano- Università della Florida) ha analizzato più di 500 risonanze magnetiche cerebrali ottenute nell’ambito di 'Human Connectome Project', un’iniziativa statunitense di grandi dimensioni che ha l’obiettivo di mappare il funzionamento e la struttura del cervello umano. Nello specifico, i ricercatori hanno studiato le differenze anatomiche della corteccia cerebrale in più di 500 individui sani attraverso l’uso di tre indici: lo spessore, l’area ed il grado di girificazioneo 'ripiegamento' corticale (in altre parole da quante 'fessure' e 'rigonfiamenti' è caratterizzata la superficie cerebrale). Il principale scopo dello studio era valutare come ognuna di queste misure, che caratterizzano la struttura delle diverse aree cerebrali, fosse collegata ai cinque principali tratti di personalità.
Secondo gli psicologi, infatti, la grande varietà dei comportamenti umani e del modo in cui proviamo diverse emozioni può essere ricondotto a differenze individuali in cinque tratti principali: il nevroticismo (che rappresenta l’instabilità emotiva di una persona), l’estroversione (che indica quanto una persona sia energica ed entusiasta), l’apertura all’esperienza (una dimensione della personalità che rappresenta quanto una persona sia incline a sperimentare nuove esperienze), l’amichevolezza (che è indice di altruismo e capacità empatica) e la coscienziosità (un tratto di personalità legato all’auto-controllo ed al senso di responsabilità).
“L’evoluzione della specie ha reso possibile che il nostro cervello si sviluppasse in modo da massimizzare l’area e la girificazione corticale a spese di un suo ridotto spessore”, spiega Nicola Toschi, professore all’Università di Roma 'Tor Vergata'. “È un po’ come stendere e ripiegare un materiale gommoso: se da un lato questa azione aumenta la sua area, allo stesso tempo ne rende più sottile lo spessore. Se applichiamo questa metafora al cervello umano possiamo persino parlare di 'stiramento e ripiegamento corticale'”.
Lo 'stiramento corticale' è dunque un meccanismo evolutivo fondamentale che consente al cervello di espandersi più rapidamente di quanto si espanda la scatola cranica che lo contiene, la quale tende a svilupparsi molto più lentamente rispetto al cervello stesso. È interessante inoltre notare che il processo di 'stiramento e ripiegamento corticale' accade anche durante la normale crescita e lo sviluppo cerebrale; tale processo ha inizio infatti nel grembo materno e continua durante l’infanzia, l’adolescenza o persino in età adulta. In altre parole, la maturazione cerebrale fa sì che lo spessore della corteccia diminuisca mentre la sua area e grado di girificazione ('ripiegamento') aumentino.
“Anche la nostra personalità, d’altra parte, tende a modificarsi man mano che maturiamo e invecchiamo: i livelli di nevroticismo infatti tendono a diminuire (in altre parole le persone migliorano la loro capacità di gestire le emozioni, soprattutto quelle negative) mentre i livelli di coscienziosità e amichevolezza aumentano (cioè le persone diventano progressivamente più responsabili e meno antagonistiche)”, spiega Roberta Riccelli dell’Università Magna Graecia di Catanzaro.
Stando ai risultati ottenuti dai ricercatori, elevati livelli di nevroticismo, che sarebbero connessi ad un elevato rischio di sviluppare disturbi psichiatrici come ansia e depressione, sarebbero associati ad un aumento dello spessore della corteccia e ad una sua simultanea riduzione dell’area e girificazione ('ripiegamento') soprattutto nella parte prefrontale e temporale. Al contrario, l’apertura all’esperienza, e cioè livelli elevati in un tratto di personalità legato alla curiosità e creatività, sarebbe associata ad una riduzione dello spessore corticale e ad un aumento dell’area e girificazione nella corteccia prefrontale.
“I risultati del nostro studio supportano l’ipotesi che esista una stretta relazione tra la nostra personalità ed il nostro sviluppo cerebrale, che è processo maturativo complesso in cui i fattori genetici svolgono sicuramente un ruolo critico”, aggiunge Antonio Terracciano, professore all’Università della Florida. “Questa ipotesi è anche corroborata dal fatto che le differenze individuali nei cinque principali tratti di personalità possono manifestarsi molto presto durante la fase di sviluppo, per esempio già da quando si è bambini o persino neonati”.
I volontari che si sono sottoposti all’esame di risonanza magnetica e che hanno preso parte all’Human Connectome Project avevano un’età compresa tra i 22 ed i 36 anni e senza nessuna malattia neurologica, psichiatrica o altri problemi medici di rilievo. Nonostante tutti gli individui coinvolti nella ricerca fossero sani, le associazioni tra i tratti di personalità e la struttura di determinate regioni cerebrali suggeriscono che le differenze anatomiche riscontrate potrebbero essere ancora più accentuate in persone che sono inclini allo sviluppo di malattie neuro-psichiatriche.
“Individuare le basi neurali della personalità è un passo importante che ci può portare a comprendere meglio la relazione tra morfologia cerebrale ed una serie di disturbi mentali come quelli dell’umore e quelli comportamentali”, conclude Luca Passamonti dell’Università di Cambridge e Ibfm-Cnr. “Un altro fondamentale traguardo sarebbe quello di migliorare la nostra comprensione della relazione che esiste tra le caratteristiche anatomiche del cervello e quelle funzionali nelle persone sane al fine di caratterizzare con maggiore precisione cosa accade nel cervello delle persone affette da disturbi neuro-psichiatrici”.
Questa non è la prima volta che i ricercatori hanno trovato uno stretto legame tra la struttura cerebrale e le differenze comportamentali. Uno studio pubblicato dal team l’anno scorso ha infatti evidenziato che il cervello di adolescenti con seri problemi antisociali è significativamente diverso nella struttura da quello dei giovani che non mostrano tali problemi.