Francesco Tombesi, ricercatore del nostro Ateneo, è tra i firmatari di un importante studio scientifico riguardante l’analisi di possibili nuove particelle elementari
Ci sono voluti cinque giorni di intensa osservazione, prima di poter concludere che nell’ammasso di galassie denominato Perseo, a circa 240 milioni di anni luce da noi, sembra non siano presenti assioni, possibili nuove particelle elementari.
La notizia arriva direttamente dal NASA Chandra X-ray Center (CXC) di Boston, che gestisce il satellite Chandra X-ray Observatory (un telescopio spaziale per analisi nei raggi X) ed è recentemente stata pubblicata sul The Astrophysical Journal. Tra gli autori il dott. Francesco Tombesi, ricercatore del nostro Ateneo, che ha spiegato come “questo studio sia un bell’esempio di come l’astrofisica delle alte energie, in questo caso osservazioni spaziali nei raggi X di un nucleo galattico attivo al centro dell’ammasso di Perseo, possano avere importanti riscontri sia per scoperte di astrofisica in sé, sia per avanzare le nostre conoscenze di fisica delle particelle elementari e fisica teorica che non sarebbero possibili con laboratori terrestri”.
Lo scopo degli scienziati era quello di evidenziare appunto la presenza degli assioni, usando osservazioni nei raggi X di un nucleo galattico attivo al centro di un ammasso di galassie, un buco nero supermassiccio impegnato a risucchiare tutto ciò che lo circonda.
L’importanza di tali particelle sarebbe enorme, dal momento che sono tra gli elementi “predetti” dalla Teoria delle Stringhe (una delle più suggestive teorie in grado di spiegare l’Universo che ci circonda) e che potrebbero dare un contributo fondamentale alla cosiddetta “Teoria del Tutto” (Theory of Everything),vale a dire quella che si propone di unificare tutte le forze, le particelle e le interazioni conosciute.
La mancata evidenza delle presunte particelle nell’ammasso Perseo, lungi dall’essere un fallimento, finisce quindi per rappresentare una discreta “spallata” alla Teoria delle Stringhe, e apre allo stesso tempo a nuovi scenari, spingendo gli scienziati a guardare altrove, scartando alcune teorie e allo stesso tempo restringendo il campo di ricerca. C’è da dire che gli assioni non sono affatto facili da identificare, trattandosi di particelle la cui peculiarità è rappresentata proprio dalla loro massa, che dovrebbe essere straordinariamente bassa e compresa in un range che va da un milionesimo della massa di un elettrone fino a zero. Qualunque valore non nullo potrebbe addirittura poter spiegare l’enigma della materia oscura, che rappresenta la stragrande maggioranza della massa di cui è composto l’universo.
Altra eccezionale proprietà degli assioni è la loro capacità di convertirsi in fotoni (ovvero le particelle che compongono la luce) nel momento in cui attraversano campi magnetici. Questo tipo di fenomeno, inoltre, risulta anche reversibile.
“Fino a poco tempo fa non avevo idea di quanto gli astronomi nei raggi X potessero dare un contributo sulla Teoria delle stringhe, ma ora so che possono avere un ruolo molto importante”, ha commentato Christopher Reynolds dell’Università di Cambridge, Regno Unito, il ricercatore che ha guidato lo studio. “Se queste particelle venissero finalmente rilevate – ha inoltre sottolineato – la fisica cambierebbe per sempre”.
Ma la ricerca di elementi fondamentali dell’Universo non si esaurisce qui. Secondo alcuni studiosi infatti, sarebbe possibile postulare l’esistenza di una classe più ampia di particelle di massa ultra-bassa con proprietà simili agli assioni, ovvero le Alp (axion-like-particles, letteralmente “particelle simili agli assioni”), che avrebbero una ancora maggiore libertà di “trasformismo”, potendo alternare il loro stato di particella con quello di fotone. Anche in questo caso, l’enorme precisione delle misure ottenute da Chandra suggerisce che la massa di queste ipotetiche particelle dovrebbe essere inferiore al milionesimo di miliardesimo di quella di un elettrone, o in alternativa superiore a quella consentita dagli strumenti del telescopio.
In conclusione, se da un lato lo studio sferra un duro colpo all’affascinante Teoria delle Stringhe, dall’altro dimostra la sempre maggiore efficienza degli strumenti a disposizione dei nostri scienziati, per poter dare una valida spiegazione ai fenomeni del Cosmo, analizzando gli elementi fondamentali che lo compongono. La caccia è aperta.
A cura dell’Ufficio Stampa d’Ateneo
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