I materiali bidimensionali (2D) come il grafene e materiali affini (GRM) permettono di sviluppare nuovi dispositivi per il fotovoltaico di prossima generazione. I ricercatori del Polo Solare Organico (CHOSE) dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, assieme ai loro colleghi dell’Istituto Italiano di Tecnologia e l’Università delle Scienze Applicate di Creta (TEI), tutti membri del progetto europeo “Graphene Flaghship”, hanno dimostrato i benefici unici dei GRM nei moduli fotovoltaici a perovskite (PSMs) di larga area (>50cm2). Il team internazionale di ricerca ha sviluppato un nuovo concetto: l’ingegneria delle Interfacce con Grafene (GIE). A differenzia dagli approcci convenzionali dove il grafene viene utilizzato principalmente per rimpiazzare i contatti nelle celle solari, mediante il concetto GIE , i ricercatori hanno sfruttato a pieno la possibilità dei materiali 2D di modificare le interfacce tra lo strato assorbente di perovskite e gli strati di trasporto di carica. Utilizzando questo approccio sono riusciti a realizzare un modulo fotovoltaico di perovskite con area attiva di 50.6 cm2 ottenendo una efficienza di conversione di 12.6%, che rappresenta il nuovo record mondiale per moduli di perovskite di queste dimensioni.
Il campo dell’energia solare è stato recentemente rivoluzionato grazie all’uso di nuovi materiali ibridi, le Perovskiti metallorganiche alogenate, che permettono di creare un mix tra le proprietà dei materiali organici e quelle dei materiali inorganici. I recenti sviluppi delle celle solari basate proprio su queste perovskiti (PSC) hanno permesso di raggiungere efficienze senza precedenti per quanto riguarda il fotovoltaico realizzato tramite processi di stampa con inchiostri in fase liquida. Questo rende la tecnologia PSC competitiva con il fotovoltaico di seconda generazione come il seleniuro di rame indio e gallio (CIGS) e il telloruro di cadmio (CdTe). Le enormi potenzialità delle PSC sono tipicamente state dimostrate su celle da laboratorio di dimensioni inferiori a 1cm2 mentre il test reale per questo nuovo sistema fotovoltaico consiste nella fabbricazione di moduli di area molto maggiore. Questo aumento delle dimensioni è tuttavia ostacolato da diverse cause, come la ricombinazione delle cariche e la diffusione degli ioni, dovute principalmente alle interfacce tra lo strato assorbitore di Perovskite e gli altri strati che compongono la cella. Dunque un controllo “ad-hoc” delle interfacce è obbligatorio specialmente nei dispositivi di larga area dove la dimensione delle interfacce aumenta proporzionalmente all’area della cella. Grazie alla natura 2D e alle peculiari e modificabili proprietà elettroniche e chimiche, i GRM possono rappresentare la chiave di volta per gestire le proprietà delle interfaccia senza modificare la composizione delle celle solari. Questo è stato il concetto sfruttato dai ricercatori: per rendere efficiente l’iniezione di carica, l'interfaccia tra perovskite e titania (un materiale utilizzato nella cella per raccogliere gli elettroni) è stata migliorata aggiungendo grafene e sfruttando l’ossido di grafene neutralizzato con litio. Ciò ha comportato un aumento dell'efficienza dal 11,6% al 12,6% in un modulo fotovoltaico con area attiva di 50,6 cm2. Come ulteriore beneficio, l’ingegneria delle interfacce con grafene determina un aumento significativo sulla stabilità dei PSM, una delle problematiche principale di questa tipologia di fotovoltaico. Infatti, i ricercatori hanno dimostrato che dopo 1630 h I moduli mantengono più del 90% dell’efficienza iniziale. I risultati ottenuti, unitamente alla disponibilità di una vasta libreria di materiali 2D ed al semplice processo di fabbricazione, rendono l’ingegneria delle interfacce con grafene e altri materiali 2D uno nuovo paradigma di progettazione per le celle a perovskite e in generale per il fotovoltaico di nuova generazione.
Aumentare la dimensione delle celle solari a perovskite - dice il Prof. Aldo Di Carlo del CHOSE, Università di Roma Tor Vergata - è critico. Accanto alla qualità dei materiali, è obbligatorio controllare l'uniformità della deposizione e la qualità delle interfacce su tutta la dimensione del modulo. Per questo motivo, l'introduzione di materiali 2D che consentono di controllare le proprietà delle interfacce e migliorano, allo stesso tempo, l'uniformità della deposizione è una strategia vincente che può essere facilmente scalata a livello industriale.
La possibilità di produrre grafene e altri materiali 2D sotto forma di inchiostro è ideale per la realizzazione di interfacce sottili tra le diverse componenti della cella solare – dice il Dr Francesco Bonaccorso (IIT). Questo approccio migliora significativamente le prestazioni delle celle, ed unito alle prospettive di produzione e deposizione su larga scala di questi inchiostri, può influire positivamente sulla commercializzazione di questa tecnologia.
Il Prof. Emmanuel Kymakis, del TEI di Creta e coordinatore del task fotovoltaico all’interno della Graphene flagship, aggiunge: “In questo lavoro, attraverso la realizzazione di moduli a perovskite ad alta efficienza e stabilità utilizzando l’ingegneria delle interfacce con GRM, vengono dimostrate chiaramente le potenzialità del grafene per le tecnologie di larga scala. I GRM rappresentano un affascinante strumento per controllare le proprietà delle interfacce non solo su piccola area ma anche in dispositivi di grande dimensione. Il nostro lavoro futuro ci incentrerà sull’aumento ulteriore delle dimensioni del modulo fino ad arrivare alla realizzazione di un impianto fotovoltaico Grafene-Pervoskite.
Ulteriori Informazioni: Agresti et al. Graphene Interface Engineering for Perovskite Solar Modules: 12.6% Power Conversion Efficiency over 50 cm2 Active Area, ACS Energy Lett., 2017, 2 (1), 279–287