Al Teatro Manzoni di Roma il professor Massimo Papa, insieme a esponenti politici, intellettuali e artisti, per tenere viva l’attenzione sulla rivoluzione iraniana, soprattutto tra i giovani
Un lungo elenco di nomi, un foglio di carta che si srotola per le scale del foyer, fin dentro la platea del teatro Manzoni di Roma: sono le vittime del regime repressivo iraniano. Vittime il cui numero continua a salire, anche minorenni.
L’evento "Facciamo Rete per la libertà in Iran" vuole aiutare a fermare tutto questo: nato dalla collaborazione tra “Woman life freedom italy community”, APS Donne di Carta, Amnesty International Italia e il Teatro Manzoni, ha lo scopo di creare una rete attiva e partecipata per promuovere, diffondere e sensibilizzare la questione iraniana. Di questa rete fa parte anche il professor Massimo Papa, ordinario di Diritto Musulmano e dei Paesi Islamici, Facoltà di Giurisprudenza, dell’Università di Roma “Tor Vergata”.
L’evento, gratuito, si è tenuto il 16 gennaio scorso: data simbolica, a quattro mesi dall’inizio delle rivolte scatenate dall’uccisione di Mahsa Amini.
Dopo questo tragico evento il tam tam della rivolta si è tradotto in manifestazioni, prese di posizione nette (come quella del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha espresso “personale indignazione” con il nuovo ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran Mohammad Reza Sabouri ) azioni simboliche su tik tok (il taglio di una ciocca di capelli). Gli eventi e le mobilitazioni sono state molte, sia civili che istituzionali: anche “Tor Vergata” ha ospitato diverse iniziative, come il seminario “Donna, vita, libertà. Un’analisi storico-politica delle recenti proteste in Iran” (il 24 novembre nella Macroarea di Lettere e Filosofia a “Tor Vergata”, organizzato dalle professoresse Lucia Ceci e Sara Borrillo) o l ’evento in Rettorato dedicato al 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne (organizzato dal CUG) a cui aveva partecipato anche il professor Papa che al teatro Manzoni il 16 gennaio ha contribuito al dibattito parlando del diritto islamico, della raffinata cultura iraniana e del ruolo chiave dell’Università: “Studenti e donne sono l’anima della rivoluzione. L’Università è un tassello importante in tutto questo”.
Dello stesso avviso l’onorevole Laura Boldrini, che ritiene la mobilitazione molto importante per fare pressione al governo di Teheran. Oltre a invitare i giovani italiani a manifestare a sostegno dei loro coetanei iraniani che rischiano la vita, allarga l’appello a tutte le delegazioni: al mondo dello sport, della cultura e dello spettacolo.
La prima parte dell’incontro, aperto dall’attivista Parisa Nazari, ha visto protagonista l’arte, attraverso la quale si è alzato un grido di denuncia inequivocabile: l'installazione artistica “Mille Gru di origami per Donna Vita Libertà”, letture di testimonianze della protesta con Barbara Amodio, Giulia Elettra Gorietti e Patrizia Pellegrino, e una toccante performance degli studenti iraniani che hanno ripercorso dal 1999 a oggi le tappe fondamentali delle proteste e rivoluzioni iraniane. Il tutto corredato da immagini forti e pochi giri di parole: i fatti sono gravi e si conoscono, come ha detto nella sua performance Barbara Amodio, “non si può restare in silenzio”.
Nella seconda parte, moderata da Lucia Goracci, corrispondente esteri Rai News esperta di Medio Oriente, oltre a Papa e Boldrini, al dibattito hanno partecipato la senatrice Cecilia D'Elia, Tina Marinari di Amnesty International, Gabriella Colarusso (giornalista de La Repubblica), l’onorevole Ivan Scalfarotto, Marcello Carli (consigliere comunale di Trento) l'avvocata Deniz Ali Asghari Kivage tramite videomessaggio.
Oltre a riportare esperienze e impressioni personali, si sono tutti espressi su una linea comune da seguire, con proposte e idee per trovare una strategia di efficace. Concordi sul non interrompere drasticamente i contatti diplomatici (come invece vorrebbero i paesi scandinavi) la via migliore sembra essere quella della maggiore partecipazione diplomatica e politica. Per esempio, come proposto da alcuni parlamentari europei (e come qualche esponente politico italiano già sta facendo), “adottando” un condannato a morte, scrivendo lettere al governo iraniano chiedendo notizie e sincerandosi delle condizioni di detenzione del detenuto; o ancora presenziando ai processi (spesso ritenuti sommari e precipitosi); un vero patrocinio politico, diventando capofila di un’azione corale europea.
Scarfarotto e Papa si sono soffermati molto sul controverso diritto islamico.
“La morte in nome di Dio è ancora più blasfema” dice Scarfarotto.
“È un sistema ierocratico” gli fa eco Papa “Nel codice penale ci sono sanzioni e terminologie tratte dal Corano, come la lapidazione – e viene indicata anche la grandezza della pietra- per adulteri e omosessuali […] pene come: impiccagione, amputazione incrociata degli arti, crocifissione, esilio. E non è contemplato il pentimento, quando invece nel Corano è previsto”.
Tina Marinari parla di condanne facili, della morte di una generazione, di cui bisogna tenere traccia, a cui bisogna dare voce raccogliendone le testimonianze. E lancia un importante appello “Per favore, smettiamo di usare il termine «giustiziare» perché quando si parla di pena di morte non si può davvero parlare di «giustizia»!”.
“La libertà va sempre difesa” interviene Marcello Carli e sottolinea come è tristemente ironico che nella terra di Circo II il grande, ritenuto padre dei diritti umani (dopo la conquista di Babilonia, nel 539 a.c. liberò gli schiavi, stabilì l’uguaglianza fra le razze e libertà di culto) si stia verificando questo orrore.
L’argomento è vasto, complesso e interessante. Per approfondirlo il professor Papa, a evento concluso, ha risposto a qualche domanda dell’Ufficio stampa di Ateneo:
Domanda - Molti degli interventi del dibattito sottolineavano come sia urgente, oltre a una chiara azione politica, anche un coinvolgimento giovanile globale, e una partecipazione coordinata e istituzionale dell'università. Lei ha intenzione di presentare qualche proposta in Ateneo?
Risposta - Sì, credo sia necessaria una partecipazione giovanile globale per fungere da megafono per i milioni di giovani iraniani che stanno sfidando lo spietato regime iraniano. Non sono giovani ideologizzati, chiedono una vita normale come i loro omologhi in occidente. Chiedono la libertà di potersi scambiare un bacio per strada con la persona amata (ha fatto il giro del web l'immagine scattata a Shiraz). Una componente importante di queste rivolte è costituita dagli studenti. Le Università, la Comunità accademica ha l'obbligo morale e intellettuale di scendere al fianco dei giovani studenti iraniani (a molti dei quali è stato impedito di espatriare per motivi di studio). Sì, è intenzione mia e di un gruppo di colleghi delle varie Facoltà richiedere al Rettore di farsi portavoce presso la CRUI della necessità di creare una rete di Università italiane ed europee a sostegno degli studenti iraniani: offrendo loro non soltanto borse di studio in modo da facilitare l'accesso ai corsi presso i nostri Atenei, ma anche attraverso il gemellaggio fra organizzazioni studentesche perché la situazione in Iran venga portata capillarmente a conoscenza fra gli studenti italiani.
D - Si ripete spesso che la storia dell'Iran è complessa e non ben conosciuta da tutti. Per coinvolgere e dare consapevolezza serve sicuramente conoscenza. Un consiglio per i giovani: da dove partire per approcciarsi alla questione iraniana (libri, film, documentari)?
R - Ci sono molti testi tramite i quali ci si può fare un'idea della complessa e raffinata cultura iraniana. I libri della professoressa Anna Vanzan e della Prof.ssa Bianca Maria Scarcia Amoretti per gli aspetti istituzionali. Per gli aspetti religiosi il volume di L. Capezzone e M. Salati “Sciiti nel mondo”. Per la letteratura e la poesia persiana (così essenziale per comprendere il mondo persiano) gli intramontabili lavori di A. Bausani, M. Piemontese e di recente i lavori di M. Bernardini. La cinematografia iraniana è tra le migliori al mondo: Kiarostami, Ashgar Farhadi e i loro film sono più istruttivi di decine di saggi.
D - A un giovane che le chiede perché scendere in piazza e manifestare cosa risponde?
R - Perché la libertà è un bene prezioso. Il valore e il coraggio dei giovani iraniani non ci può lasciare indifferenti. Anche se viviamo una fase di ripiegamento su noi stessi e la dimensione pubblica sembra non appartenerci, l'esempio e il coraggio di questi ragazzi che scendono in piazza con le loro sorelle e le loro madri, i loro padri e fratelli risveglia la coscienza civile di ognuno di noi. E ci interroga sull'universalità di valori fondamentali come la libertà e la dignità dell'essere umano.
D - Il ritratto dell'iraniano medio, che è venuto fuori nel corso del dibattito, è quello di una persona dalla cultura raffinata ma un po' qualunquista, poco interessato alla vita politica. Sta cambiando con questi eventi? I giovani iraniani sono diversi?
R - I giovani iraniani non sono qualunquisti. Sono stati sempre repressi nel corso degli ultimi decenni. Schiacciati da un regime violento che invoca figure di reato ambigue, vaghe (il reato di moharebeh e di efsad fe al-arz: inimicizia contro Dio, coloro che seminano la corruzione sulla terra) che ledono ogni principio di legalità e di giustizia. In nome di Dio vengono istituiti tribunali ad hoc che non garantiscono nessun rispetto del diritto di difesa o del contraddittorio, nessuna escussione trasparente delle prove; ma al contrario vengono emanate sentenze inappellabili nel giro di qualche settimana dalla commissione del reato. Sentenze che dovrebbero rappresentare l'esito di un giudizio divino (mizan). I giovani sono cambiati. Stavolta sembra si sia giunti a un punto di non ritorno. Non chiedono riforme. Ma cambiamenti strutturali.
D - La rete che si vuole creare con questo incontro deve essere interdisciplinare? O c'è un "settore" che è più "pertinente"? Attraverso l'arte, con questo evento, si sono mandati molti messaggi importanti, perché è un linguaggio universale. L'arte può aprire delle porte in cui poi entrano altri interlocutori? Si può camminare insieme?
R - Assolutamente di natura interdisciplinare. L'unione (dei saperi e delle conoscenze) in questo caso fa la forza: di resistenza.
D - La strategia vincente, quindi, come da proposte presentate al Parlamento Europeo, sarebbe: inserire i Pasdaran nella lista dei gruppi terroristici; l'adozione da parte dei parlamentari europei di un condannato a morte; partecipazione civile; mantenimento delle relazioni diplomatiche; giocoforza economico. Qualcosa da aggiungere o modificare?
R - Ogni qualsivoglia iniziativa anche dei privati cittadini, delle istituzioni locali, delle associazioni che concorra a tenere desta l'attenzione. Ora è il momento di non tradire le aspettative delle giovani e dei giovani iraniani. La storia non ce lo perdonerebbe.
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