Pubblicato uno studio che svela una strategia utilizzata dai batteri contro le molecole di difesa del nostro sistema immunitario innato
Il nostro organismo produce delle molecole, chiamate peptidi antimicrobici, che ci difendono dalle infezioni, comprese quelle causate da batteri resistenti ai trattamenti antibiotici. Tuttavia, un nuovo studio ha dimostrato che i batteri possono diventare immuni a queste difese, addensandosi e restando vicini tra loro, un po’ come facevano i soldati della falange macedone o della formazione a testuggine delle legioni romane. La ricerca, dal titotlo "Inoculum effect of antimicrobial peptides", è frutto di una collaborazione tra Università di Roma “Tor Vergata”, Sapienza Università di Roma, Istituto Italiano di Tecnologia e Università di Copenaghen e i risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista dell’Accademia delle Scienze americana, Proceedings of the National Academy of Sciences, USA (PNAS).
L’antibiotico-resistenza è una “pandemia silenziosa”, che attualmente causa nel mondo circa 700.000 morti all’anno. Molti batteri non rispondono agli antibiotici e, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’umanità rischia di perdere tutti i vantaggi conquistati con la scoperta di questi farmaci. Semplici ferite o piccole infezioni potrebbero tornare ad essere mortali. C’è quindi un urgente bisogno di nuovi farmaci ad azione antibatterica. I peptidi antimicrobici, che sono parte delle nostre difese innate, e nuove molecole sviluppate ispirandosi ad essi potrebbero rappresentare una svolta decisiva nella lotta contro le infezioni. Queste molecole in genere uccidono i microorganismi creando delle lesioni nella loro membrana cellulare e, grazie a questo meccanismo aspecifico, sono attive anche nei confronti dei super batteri (o batteri multi-resistenti). “È estremamente importante studiare l’efficacia dei peptidi antimicrobici, in vista del loro potenziale sviluppo come nuovi farmaci antibiotici” ha dichiarato il Prof. Lorenzo Stella, dell’Università di “Tor Vergata”, che ha coordinato lo studio assieme alla Prof.ssa Maria Luisa Mangoni, dell’Università Sapienza. “Tuttavia, la densità dei batteri nelle infezioni può andare da poche cellule a miliardi di cellule per centimetro cubo. Ci siamo chiesti se l’efficacia dei peptidi fosse influenzata da questo parametro ed abbiamo scoperto che la quantità di peptidi antimicrobici necessaria ad uccidere i batteri può variare anche di cento volte a seconda della densità dei batteri”. In sostanza, i batteri riescono a resistere agli attacchi dei peptidi antimicrobici restando vicini tra loro. Secondo la Prof.ssa Mangoni, “i risultati che abbiamo ottenuto forniscono preziose indicazioni per lo sviluppo e l’applicazione terapeutica dei peptidi antimicrobici. In futuro, i saggi utilizzati comunemente nei laboratori di ricerca per selezionare i peptidi più attivi dovranno tener conto degli effetti della concentrazione batterica.”