Il 29 novembre presso l’Auditorium della Facoltà di Lettere e Filosofia alle ore 16.30
La tragedia di Sofocle, Antigone, è l’espressione, sempre attuale, dell’ambivalenza del Logos, il dualismo intercorrente tra leggi non scritte, etiche, e leggi scritte, quelle dello Stato. Antigone che, volontariamente e sapendo di andare a morire, seppellisce il fratello Polinice contro l’editto di Creonte, diviene così il simbolo di quanti si contrappongono al totalitarismo dello Stato, la voce, nel passato più recente, di quanti diedero rifugio agli Ebrei contro le leggi di Hitler e di quanti oggi invocano un ritorno all’humanitas, contro il rigore che fa rima con indifferenza. E così, Antigone ha ragione quando invoca l’imperativo delle leggi morali e divine che impongono di dare sepoltura a un fratello, ed ha torto, divenendo una ribelle, quando non obbedisce alle leggi del suo Stato. Creonte ha ragione quando invoca l’obbedienza ai suoi dogmi, ed ha torto quando perde il senso della legge etica. In questo contesto, il punto di vista privilegiato dall’attuale messa in scena è quello di Antigone: a questo rispondono le letture inserite nella rappresentazione, tratte da testi di Angela Ragusa, Salvatore D’Ascenzo e Pietro Bartolo. Storie vere di migranti costretti a vivere e morire in modo disumano da leggi disumane, ma comunque leggi. A questo corrispondono le scelte registiche dei costumi, vecchi e trasandati, e della scena in cui i personaggi si muovono, una città cadente, una periferia carica di oggetti dimenticati: il mondo totalitario è un mondo al principio del collasso, un mondo, per dirla con Sant’Agostino, vecchio e decadente, destinato a creare ribelli poiché nutre in sé già i semi ed il desiderio del rinnovamento, di un ritorno ad un “rinascimento” dell’Uomo. Perché nessuna legge può prescindere dall’umanità, se è vero che già Cicerone proclamava: «summum ius summa iniuria» (la legge portata agli estremi crea il massimo dell’illegittimità), e se è vero che sono sempre di più coloro che sentono la necessità di «restare umani».
Asteria Casadio, regista di Antigone 2019
Chi sono gli “Sbandati”?
La Compagnia è nata nel 2003 dalla volontà di continuare a far teatro di alcuni ex alunni del Liceo Classico di Roseto degli Abruzzi, che sotto la guida di Dalila Curiazi, avevano calcato le scene del teatro greco di Siracusa e di quello di Palazzolo Acreide e partecipato ad incontri regionali ed extraregionali, cimentandosi con tragedie e commedie dell’Antichità classica, greca e latina. Ha rappresentato drammi classici e contemporanei in diversi teatri italiani, a Roma, a Napoli, a Caserta e in Sicilia, piazze e sedi universitarie. Gestisce a Teramo un’avviata Scuola di teatro.
Chi è la Murgasasò?
Si tratta di un gruppo musicale coreutico, nato dalla voglia (o dall'esigenza?) di risvegliare i cittadini assopiti e portare una contagiosa ventata di ottimismo. Sulle scie della murga porteña, la sua performance caratterizzata da suoni intensi e ritmi incalzanti, molto vicini ad alcune musiche tradizionali latinoamericane.
Lo spettacolo Antigone 2019. Da Tebe alle coste libiche, la cui traduzione e adattamento dall’Antigone di Sofocle è a cura di Dalila Curiazi, si svolgerà il 29 novembre presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Via Columbia 1, Auditorium Ennio Morricone, alle ore 16.30.
La locandina è presente in allegato.