La villocentesi è una tecnica ormai consolidata di diagnosi prenatale effettuata intorno all'11°settimana di gravidanza, che consente di prelevare un tessuto, il trofoblasto, che rappresenta la componente fetale della placenta. Il trofoblasto è un tessuto che si rinnova continuamente nelle prime settimane di gravidanza ed è coinvolto nei complessi processi biologici di impianto fetale, di adattamento immunologico e di connessione vascolare con la circolazione materna, quindi di nutrizione del feto stesso.
Lo studio - coordinato da Giuseppe Novelli, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Tor Vergata di Roma, ideato dalla prof.ssa Federica Sangiuolo, dello stesso ateneo, e svolto in collaborazione, tra gli altri, con l'embriologo Massimo De Felici - ha permesso di identificare, per la prima volta, una popolazione di cellule, appartenenti al trofoblasto, che presentano caratteristiche di cellule staminali multipotenti, e che per questo motivo gli scienziati italiani hanno definito come Human Cytotrophoblastic-derived Multipotent Cells (hCTMC).
Le cellule così selezionate rappresentano una fonte di cellule staminali particolarmente utile in protocolli di terapia cellulare e genica in utero. Il vantaggio che queste cellule hanno, rispetto alle cellule staminali embrionali, è che non sono teratogene e non causano reazioni di rigetto, e nello stesso tempo sono facilmente reperibili risolvendo diversi problemi di natura etica. Considerando tutti questi dati, le hCTMC rappresentano quindi un'importante target futuro per applicazioni cliniche di medicina rigenerativa. Lo studio sarà pubblicato la prossima settimana sulla rivista Cloning and Stem Cells.
Questo tipo di cellule esprimono specifici marcatori staminali quali SSEA4, OCT4, SOX2, NANOG, CD117, ALP, e sono in grado di differenziare "in vitro" in cellule nervose, muscolari e pancreatiche corrispondenti alle tre linee germinali ecto-meso ed endoderma. Esperimenti condotti successivamente "in vivo" hanno evidenziato come queste cellule, inoculate in topi immunodepressi, non causano la formazione di teratomi, ma sono invece in grado di ripopolare tessuti come quello ematopoietico.
Inoltre, se inoculate direttamente in blastocisti murine, le hCTMC sono in grado di incorporarsi nell'Inner Cell Mass, corrispondente all'embrione nelle primissime fasi di sviluppo, e di conseguenza in quasi tutti i tessuti adulti come il cervello, il midollo osseo e il fegato, dimostrando la loro capacità di formare chimere.
Gli scienziati italiani hanno voluto valutare se queste cellule, che hanno ampiamente dimostrato la loro capacità di multipotenza, potessero essere utilizzate come "target" in protocolli di terapia genica. A tale scopo hanno isolato cellule di trofoblasto da donne con feti affetti da Atrofia Muscolare Spinale (SMA; OMIM 601627), malattia monogenica recessiva, per valutare l'efficacia di un protocollo di "gene targeting" mediante ricombinazione omologa.
Le hCTMC sono state geneticamente corrette "in vitro" con un'alta efficienza, ripristinando la sequenza normale del gene responsabile della malattia, grazie ad una metodica chiamata "SFHR" Small Fragment Homologus Recombination (tecnica di terapia genica in cui una specifica sequenza del genoma cellulare "target" viene direttamente modificata, introducendo all'interno della cellula una sequenza omologa di DNA).
Roma, 27 novembre 2009
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