Una ricerca del dipartimento di Biologia di Roma Tor Vergata, coordinata dal ricercatore Arnold Rakaj, ha sviluppato un metodo innovativo, sostenibile e "no-kill" per l'acquacoltura dei ricci di mare. Questo studio, pubblicato sulla rivista Nature Sustainability e apparso sulla copertina del numero di agosto 2024, propone una nuova tecnica di produzione di "caviale di riccio di mare" che non richiede il sacrificio dell'animale.
I ricci di mare sono molto richiesti per il loro alto valore economico, poiché le loro gonadi (organi riproduttivi e parte tradizionalmente edibile di questi animali) sono considerate una prelibatezza gastronomica, tanto da renderli uno dei seafood più pregiati al mondo. L’acquacoltura dei ricci di mare, o echinocoltura, è quindi la soluzione alternativa alla pesca per soddisfare la domanda del mercato. Inoltre, i ricci di mare presentano elevati profili nutrizionali e, essendo prevalentemente erbivori, sono considerati candidati ottimali per un’acquacoltura sostenibile, in linea con i principi della crescita blu.
Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti, l’echinocoltura non ha ancora raggiunto lo sviluppo industriale auspicabile, soprattutto a causa del lungo ciclo produttivo (3-4 anni) necessario per il raggiungimento della taglia commerciale. Tradizionalmente, l’intera gonade del riccio costituisce il prodotto di consumo finale, richiedendo quindi l’uccisione degli organismi maturi al termine del ciclo di allevamento.
Il team di ricerca del laboratorio di Ecologia sperimentale e acquacoltura del dipartimento di Biologia dell’Ateneo ha sviluppato un nuovo metodo di produzione no-kill chiamato raking, che stimola ciclicamente l'ovulazione delle femmine di riccio viola (Paracentrotus lividus), permettendo la raccolta delle uova ogni
3-4 mesi senza uccidere l'animale. Questo approccio non solo accelera il ciclo di produzione, ma elimina anche la necessità di sacrificare interi lotti di animali dopo ogni ciclo produttivo.
La nuova tecnica offre vantaggi ecologici ed economici, facilitando anche la produzione di gameti per usi biotecnologici in biologia cellulare e molecolare. Questo modello di allevamento sostenibile potrebbe aprire nuove opportunità per lo sviluppo dell’economia blu in Italia e in altre aree costiere, promuovendo la sostenibilità ambientale e la conservazione delle risorse naturali.
"Questo studio rappresenta un passo importante verso un'acquacoltura più sostenibile ed etica. Il nostro obiettivo era trovare una soluzione che non solo rispondesse alla crescente domanda di mercato per prodotti di alta qualità come il caviale di riccio di mare, ma che fosse anche rispettosa dell'ambiente e della vita animale", ha dichiarato Arnold Rakaj. "Con il metodo sviluppato, siamo riusciti a dimostrare che è possibile produrre uova di riccio senza sacrificare l'animale, riducendo così l'impatto sugli stock naturali e creando un modello più efficiente e replicabile per l'industria. Siamo orgogliosi che questa innovazione non solo contribuisca alla conservazione delle risorse marine, ma apra nuove possibilità per la ricerca e lo sviluppo in ambito biotecnologico al fine di sviluppare nuove ricerche in settori come la biologia cellulare, molecolare e l’ecotossicologia. Il nostro laboratorio continua a essere un punto di riferimento per lo studio e l'innovazione nell'acquacoltura, in linea con i principi della Blue Growth e gli obiettivi dell'Agenda 2030."
Il team di ricerca comprende, oltre al coordinatore Arnold Rakaj, Luca Grosso, Alessandra Fianchini e Stefano Cataudella, e rappresenta un'eccellenza nel settore dell'acquacoltura marina, proseguendo una lunga tradizione di ricerca innovativa e sostenibile.
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