Spesso si sottolinea quanto le parole siano importanti, ma in tempi di intelligenza artificiale (IA) e di accelerazione di processi di raccolta e diffusione di dati e informazioni, questo assunto assume una rilevanza ancora maggiore.
Il progetto E-Mimic (Empowering multilingual inclusive communication), vincitore del bando Prin (Progetti di rilevante interesse nazionale) 2022 finanziato dal ministero dell’Università e della Ricerca, con una partnership tra università di Roma Tor Vergata, Politecnico di Torino e università di Bologna, ha l’ambizioso scopo di liberare da vecchi cliché discriminatori i testi amministrativi o universitari del futuro, così da contribuire alla lotta alle diseguaglianze di genere o quelle legate all’età (cosiddetto ageismo) o verso le persone con disabilità.
“In modo da renderli inclusivi a priori, non a posteriori come succede ora” sottolinea la professoressa Stefania Cavagnoli, ordinaria di Linguistica applicata presso l’università di Roma Tor Vergata, che aggiunge “nella costruzione del corpus abbiamo preso come riferimento il mondo dell’università, ma anche quello di comuni e province. In particolare i testi legati all’amministrazione, che da sempre sono riferiti come modello e per certi aspetti fanno fede in quanto tali”. “Proprio per questa rappresentatività - prosegue Cavagnoli – spesso un certo linguaggio è assorbito come normale, quando in realtà è portatore di stereotipi con una visione del mondo non pertinente. Il lavoro fatto per insegnare alla “macchina” ad essere inclusiva – conclude - vuole essere anche di ispirazione ai più giovani e anche di riflessione”.
Questo risultato avviene attraverso un apposito algoritmo capace di lavorare su una ingente quantità di testi, con lo scopo di cercare e modificare i termini che possano risultare pericolosi veicoli di cliché di vario tipo.
Nel dettaglio E-Mimic interviene sui 'corpora testuali' che servono a sondare gli algoritmi, proprio per modificarli nel senso dell'inclusione.
Il progetto "cerca di riformulare il testo amministrativo in un modo non discriminatorio: questo vuol dire che il sistema permette all'utente finale di individuare quelli che sono le parti della frase che possono creare la discriminazione”, spiega così la professoressa Francesca Dragotto, associata di Linguistica generale e sociolinguistica presso l’università di Roma Tor Vergata, che poi sottolinea come “non si va a contrastare solo quella di genere ma anche quella legata a temi quali 'ageismo', la forma di marginalizzazione in base all'età, o che va a colpire le persone disabili o ipovedenti".